Un progetto come EXAUDI realizzato per la VI edizione di #foodistribution a cura di Manovalanza, per la sua natura complessa, polivalente e site-specific ha meritato che si attivasse un processo di cooperazione allo sguardo, generato e condotto da alcuni osservatori ed osservatrici che hanno potuto condividere le diverse fasi del processo creativo, partecipando attivamente alle giornate di ricerca e creazione, alle prove e allo spettacolo conclusivo. Di seguito stralci del diario che hanno prodotto e condiviso, concedendo al team artistico e alla regia di ampliare la visione generale con quella particolare, fino alla pubblicazione su queste pagine.
EXAUDI Osservatorio #foodistribution VI

Appunti di Valentina Martiniello sull’esperienza di osservazione per la creazione dello spettacolo “Foodistribution Exaudi” dell’associazione Manovalanza.
Ponticelli – Bipiani
Venerdì, primo settembre 2023
Questo primo settembre sono stata invitata a prestare i miei occhi e il mio sentire al nuovo spettacolo in lavorazione di Manovalanza. Da tempo seguo il lavoro di Adriana Follieri e questa volta sono stata chiamata a esserne parte attiva. In borsa metto tutto l’occorrente richiesto: un taccuino, una penna, una borraccia, un foulard e un maglioncino. La gentile Laura mi indica la linea della circumvesuviana con la quale arrivare a Bipiani: Sarno via Ottaviano. Prendo il treno delle 17,48 da piazza Garibaldi con Valentina, che di mestiere fa la critica teatrale. Mi racconta che parte della sua famiglia è di Ponticelli.
Una volta scese dalla circumvesuviana, inseriamo “via Isidoro Fuertes” su Google Maps. L’itinerario che ci viene proposto indica un tragitto percorribile in sette minuti. Al nostro arrivo troviamo gli abitanti del quartiere insieme al personale tecnico disposti in cerchio. Adriana e Davide ci accolgono e ci invitano ad accomodarci insieme a tutti loro. Mi siedo accanto a Veronica e mando un bacio a Paola. Lilo attira per la prima volta la mia attenzione. Mi guarda con un grande sorriso. Agita la mano nella mia direzione. La signora Carmela mi sorride e tutti sono incuriositi del nostro arrivo.
Adriana ci parla del progetto “Foodistribution Exaudi”, dello spettacolo in costruzione e dell’associazione Manovalanza, mentre Davide ci descrive la struttura dei prefabbricati dei Bipiani, fatti di amianto.
Nel corso del pomeriggio assisto alle prove e comincio a capire cosa sia un’operazione di “site specific” che lavora in sincrono con e per gli abitanti del luogo. Questi sono accompagnati, sulla scena, da alcuni attori professionisti, che non hanno mai grandi parti, ma che sono al servizio dell’operazione.
Sabato, 2 settembre 2023 Oggi mi reco a Bipiani da sola, ma in loco incontro Massimo, che di professione fa il docente. Mi chiede perché sono venuta ad osservare il lavoro di Adriana. La sua domanda per un attimo ha il sapore di un’interrogazione. Poi mi rendo conto che ho davanti una persona sinceramente curiosa di conoscerne la risposta. “Volevo vedere come si comporta la regia in un contesto così delicato. Si tratta di un’operazione di rivalutazione o sfruttamento di un luogo? La prima ipotesi potrebbe non escludere necessariamente la seconda”.
In serata Adriana mette in atto tutte le condizioni utili alla creazione di un momento di composizione. In tal sede, vedo una donna, la signora Carmela, che attende. Ha l’aria preoccupata. Si guarda intorno come se aspettasse l’arrivo di qualcuno. Inganna il tempo lucidando la lame di un coltello con un tovagliolo color ocra. Dopo molto tempo arriva Antonio, che si ferma alla sua sinistra. La guarda fisso, come se si aspettasse qualcosa da lei. La signora Carmela, indifferente, continua a lucidare con il suo tovagliolo color ocra la lama del coltello. Antonio esce di scena e Carmela, stanca di aspettare, si accascia su una sedia. Dopo qualche attimo, chiude gli occhi e si addormenta.
Mentre l’improvvisasione – composizione prende forma, da una delle case si ode una voce di donna che urla: -Massimooo!- . Penso che negli spettacoli che ho visto negli ultimi anni nessun attore era mai riuscito ad acquisire, per un solo istante, la stessa verità di quel grido, quella sera, a Bipiani.
Lunedì, 4 settembre 2023
Ho partecipato alla composizione di un quadro. Siamo entrati senza sforzo in contatto con lo spazio scenico dopo il riscaldamento guidato da Paola. Lilo viene avanti con Serena e mi tende la mano. Io accetto il suo invito e ci dirigiamo verso il fondo della scena. Alcuni si dispongono a fianco a noi, altri dietro un muretto e tutti, su indicazione di Adriana, ci copriamo gli occhi. Antonio porta degli zerbini, uno per ciascuno di noi. Cominciamo a pulirci le scarpe tenendo le mani sugli occhi. Ascolto la musica, cerco di lasciarmi trasportare dal ritmo, e intanto mi sopraggiunge l’immagine di una bufera di sabbia da cui cerco di proteggermi. Il tappetino è la soglia di casa che non riesco mai ad attraversare, nonostante continui incessantemente a pulirmi i piedi per entrare in uno spazio più ospitale di quella nuvola di sabbia che mi avvolge.
Tre bambini dormono su tre grandi tappeti damascati. Dopo il lavoro, uno di loro, Gaetano, intrattiene un breve dialogo con Adriana. Lo riporto qui:
Adriana: Come sei vestito in casa?
Gaetano: In tuta, di solito scalzo. In casa mi sento più bello.
Adriana: L’intimità ti fa sentire più bello
Gaetano annuisce col capo.
Sabato, 9 settembre 2023 Assisto a una prova dello spettacolo che andrà in scena tra meno di una settimana.
“ Cosa racconta l’immagine? ” : è la domanda che Adriana pone ai suoi attori e a lei stessa in continuazione. La potenza intrinseca a un’immagine può essere molto forte. Quante volte noi attori, con la nostra smania di apparire, ci perdiamo in esagerazioni, smorfie, urli inutili.
Adriana mi chiede di sostituire Gabriella che si è allontanata. L’azione è entrare con un fascio di fiori felice di averlo ricevuto dal mio amato, e cercare un vaso dove riporlo. Faccio tutto costruendo i movimenti, il tragitto, e penso a quale enorme lezione di teatro ho tratto dalla signora Carmela, dalla signora Titina, dal signor Antonio, che raccontano più di qualsiasi grande attore per il semplice fatto che sono nella situazione, nel contesto, nella storia, senza doversi sforzare di costruire altro da sé. Sono veri in tutto e per tutto. Sono l’essenza dei Bipiani.
Giovedì, 14 settembre 2023. Il giorno del debutto.
Ah, s’io putesse parla’.
(Signora Titina, secondo quadro dello spettacolo “Exaudi” di Adriana Follieri)
Buio. Inizio del secondo quadro. Sul fondo della scena compare la signora Carmela, intenta a lavorare con la macchina da cucire. Pian piano entrano in scena i vari attori della sequenza: la prima è Paola, con una cornice dorata tanto grande da poterla contenere. Serena e Alessia, vestite di nero, portano un tavolino da bar rosso e lo sistemano sul fondo sinistro della scena. Entra il signor Antonio, che si dirige verso il tavolino e si siede. Entrano altri avventori del bar e, una volta che tutti si sono seduti, si comincia a giocare con le carte francesi. Intanto bambini e ragazzi entrano dal fondo per raggiungere Paola, ciascuno con la sua cornice. Insieme danzano, giocano e compiono movimenti talvolta costruiti a tavolino, altre volte del tutto improvvisati.
Il rantolo della signora Titina prende corpo nell’atteggiamento introverso del busto di Veronica, che ha appena terminato di ripetere ossessivamente : “Io insozzo il silenzio”, battuta che viene ripresa più volte nel corso dello spettacolo.
Due container delimitano il cortile interno che costituisce lo spazio scenico. Le luci di Davide Scognamiglio valorizzano, a turno, ogni angolo della scena. Un fosso nell’asfalto diventa un luogo perfetto in cui piantare un ramoscello a inizio spettacolo e che, con lo scorrere del tempo, man mano che il racconto va avanti, diventerà un alberello. Prima che tutto sia finito lo spazio scenico sarà delimitato da tantissimi esseri vegetali.
Viene da interrogarsi sul significato di ogni immagine percepita, di ogni figura colta nell’ombra e non perfettamente delineata. Nello spettacolo “Exaudi” di Adriana Follieri, i Bipiani vengono rappresentati per quello che sono: una comunità di persone tra loro diverse per etnia, religione, origine, orientamento sessuale, abilità e disabilità motorie, e che vive in armonia, in una visione del mondo che spaventa, perché ideale.
I Bipiani di Ponticelli danno una lezione di umanità che non lascia lo spettatore indifferente, ma che lo commuove e lo rende parte integrante del racconto, attraverso l’immagine in scena, in quanto specchio della nostra vita.

Massimo Renzetti, scritti su #foodistribution EXAUDI
29/08/2023
La distanza tra Ponticelli e il centro di Napoli è di 10-15 Km, non ci sono mai andato da solo e per questo ho bisogno del navigatore. Per andare ai bipiani di Ponticelli nella periferia di Napoli est, dove ci sono le prove della rappresentazione site-specific #foodistribution EXAUDI, si passa per la Ponticelli storica, dove devo fermarmi per chiedere indicazioni. I bipiani sono appena fuori il centro antico: mi spiegano che erano un luogo provvisorio di transizione per gli sfollati del terremoto del 23 novembre 1980 ma che a tutt’oggi ci vivono ancora 400 persone, di differenti etnie. Gli edifici sono rivestiti di alluminio, prevale il colore blue la cui eleganza stride un po’ con l’apparente stato di abbandono che gli edifici suggeriscono. Le coperture sono di amianto, non se ne conoscevano ancora gli effetti sulla salute quando i bipiani furono costruiti. Gli scaldabagni elettrici sono esposti come se fossero parabole satellitari; queste sono più numerose dei primi e lasciano immaginare connessioni con terre lontane ma forse trasmettono solo miraggi e illusioni dall’apparenza esotica.
Ponticelli non è molto distante da Napoli, i bipiani sono molto lontani e non solo da Napoli.
Vengo accolto dagli amici che collaborano al progetto: Davide, Sebastiano, Tommaso, Adriana. Qualche abbraccio, qualche battuta in un’atmosfera un po’ sospesa perchè il cielo minaccia pioggia.
Siamo gia sul set: i bipiani, qualche sedia, le luci, un altoparlante e il pc con la playlist già pronta.
Si sentono voci umane provenire dagli interni. Fanno capolino gli abitanti, alcuni si avvicinano curiosi, altri per partecipare alle prove.
Innanzitutto il caffè. Tutti accolgono con piacere questo momento: attori, fotografi, regista; partecipano tutti al rito. C’è chi va a prendere tutto l’occorrente per fare il caffè custodito in una scatola di plastica, chi prepara la macchinetta, chi allinea le tazzine; c’è chi rimane in attesa della tazzina. La pioggia non è più solo una minaccia, siamo costretti a metterci al riparo: Adriana legge “Casa occupata” di Cortazar, tutti ascoltano in religioso silenzio. La pioggia smette. Finalmente si può provare. Realizzo che le tazzine da caffè sono i più importanti oggetti di quella scena, ogni attore ne possiede una. La scena è molto lunga com’è lungo un processo creativo collettivo. Dopo aver scoperto una fonte di luce come se fosse un tesoro, gli attori con le loro torce tracciano linee e disegni nell’aria, a volte somigliano a delle lucciole. Anche le luci delle case sono accese, si sente l’odore del cibo. Forse, i bipiani sono più vicini, ora.
Creazione individuale o collettiva?
Nello spettacolo site-specific #foodistribution EXAUDI, la regista Adriana Follieri non si propone di mettere in scena un testo ed una sceneggiatura pre-esistenti, pre-confezionati. Si tratta di un progetto residenziale a cui partecipano gli abitanti dei bipiani nella periferia est di ponticelli ed un insieme di attori provenienti da altre realtà. A volte la regista fornisce una traccia, un canovaccio, un tema a cui gli attori si ispirano dando vita , attraverso anche una ricerca introspettiva, ai loro propri personaggi, testi, movimenti in scena, insomma alle personali drammaturgie. Il processo creativo viene indotto maieuticamente dalla conduttrice del laboratorio, nonché regista dello spettacolo. E’ un processo delicato di creazione, individuale che è causa ed effetto insieme di consapevolezza. C’è chi ha maggiore bisogno d’aiuto in questo processo, chi è piu autonomo. A volte, però, può succedere che il concentrarsi sulla “parte” che ciascun attore va cercando e creando, isoli quest’ultimo dall’insieme e che si perda la relazione orizzontale tra le presenze sulla scena, dando vita a drammaturgie monologanti, a partiti stagni, incomunicabili che rischiano di diventare solo involontaria rappresentazione del tema dell’incomunicabilità. Naturalmente, in questa situazione esiste un’ancora di salvezza rappresentata dalla regista, che con un intervento questa volta verticale si adopera per dare unità alle drammaturgie mettendole in relazione tra loro.
7/09/2023
Sebastiano Cautiero, detto Seba, collabora con Davide Scognamiglio al disegno delle luci nello spettacolo site-specific #foodistribution EXAUDI. Gli chiedo quali sono le criticità nell’allestimento di uno spettacolo site-specific e in particolare ai bipiani di Ponticelli nella periferia orientale di Napoli.
“Intanto, per esempio, oggi ad una settimana dalla prima replica non abbiamo a disposizione tutto il materiale necessario per progettare le luci adattandole all’evoluzione dello spettacolo. Non siamo in un teatro dove fin dal primo giorno si dispone di tutto il materiale e gli strumenti per il disegno luci, potendo così sperimentare soluzioni ed idee. In attesa, questa mancanza ci costringe a lavorare d’immaginazione ”. C’è un altro problema squisitamente tecnico, fondamentale per chi si occupa di luci, cioè quello dell’approvvigionamento dell’energia elettrica. La mancanza di allacci pubblici può costringere la produzione a richiedere di collegarsi agli impianti elettrici di privati particolarmente disponibili.
Anche per questo, il lavoro di Sebastiano Cautiero e Davide Scognamiglio inizia giorni se non settimane prima quando si recano sul sito per conoscerne gli abitanti e cercare di familiarizzare con loro: si tratta di abbattere resistenze e pregiudizi nei confronti di chi come Foodistribution all’inizio non è solo un estraneo ma può essere percepito anche come un pericolo se non una minaccia. D’altra parte, sono gli abitanti del luogo che dovranno ospitare prove, spettacolo e/o istallazione. Mi spiegano che mentre al Rione De Gasperi la presenza di interlocutori, rappresentanti di tutti gli abitanti, rendono il patto di coabitazione e collaborazione più facile, nei Bipiani vige un maggiore individualismo che costringe a spiegare a molti e molte volte le ragioni della presenza sul sito. Familiarizzare significa anche coinvolgere nello spettacolo i residenti che sono invitati a partecipare soprattutto in qualità di attori come sta succedendo in questi giorni a via Fuortes a Ponticelli. Sebastiano dice che il successo della produzione è direttamente proporzionale al numero di caffè che gli vengono offerti, ai bipiani sono stati anche 4 o 5 al giorno, sintomo di grande benevolenza.
14/09/2023
Ieri sera poco prima delle prove generali non sentivo le risate esplosive di Lillino che sembrano commentare i momenti che accompagnano la costruzione di Foodistribution EXAUDI: mancava. E’ comparso solo un poco prima dell’inizio delle prove, gli avevano fatto indossare il costume di scena: una magnifica giacca bianca. Si è recato al suo posto in scena accompagnato da Laura: sono stati zitti zitti giocando alle costruzioni come richiesto dal “copione”. Lillino saluta sempre, saluta tutti anche più volte al giorno e ti vuole bene.
La maieutica emotiva e l’aspetto terapeutico del teatro
La maieutica è l’arte dell’ostetrica di far nascere i bambini, estraendoli dal grembo della mamma. La maieutica di Socrate è l’arte di estrarre dalla mente dei discepoli concetti che già esistono e della cui esistenza spesso non si è consapevoli. E se dico maieutica emotiva, che ci viene in mente? A me la seduta psicoanalitica quando il terapeuta ti tempesta di domande per fare uscire fuori i ricordi, gli eventi e le emozioni legate ad essi. Forse è questo che rende simile una seduta psicoanalitica ad un laboratorio teatrale. Il conduttore di laboratorio teatrale evita per quanto sia possibile di imporre la parte, cerca di estrarla dall’attore, mettendolo nelle condizioni di cercarla dentro se stessi e, quando la cosa riesce, se ne accorgono tutti. il conduttore del laboratorio, l’interessato e tutti quelli che hanno assistito al parto emotivo. Di fronte alla nuova nascita si tira un sospiro di sollievo. Ciò si puo verificare anche nello spettatore che assiste ad una rappresentazione teatrale la quale sia capace di tirare fuori emozioni, stati d’animo, sentimenti latenti con gli effetti catartici che Aristotele attribuiva al teatro tragico.
Che la recensione non sia un recinzione
Pensare alla vita nelle case degli antenati, all’esodo e alla diaspora come tre momenti cronologicamente susseguentesi è una necessità che la comunicazione teatrale impone. Essi, tuttavia si sovrappongono, coincidendo in parte. Si tratta di momenti caotici che tutti hanno vissuto in questo tempo fluido, in occasione dei cambiamenti della propria vita ed in quelli epocali. Si dice che uno degli eventi più traumatici e stressanti nella vita di un uomo consista nel cambiare casa, soprattutto per chi in quella casa ci è nato e rimasto per decenni: non ha importanza se la casa che si lascia sia in una zona degradata o in un quartiere residenziale, rappresenta un luogo dell’anima; ma l’anima è come un gas che anche se intossicata, insozzata dalla stratificazione delle relazioni ha la forza di trascinare i corpi verso una nuova vita anche se di quel passato e di quegli antenati non riesce a liberarsi del tutto. Le radici rimangono anche se il terreno cambia ma rimane l’illusione di cambiare vita e – perché no – in meglio. Simbolismo e naturalismo si intersecano nella metafora dei giardinieri che piantano quelle che sembrano nuove piante tuttavia nate da antichi semi e che forse in origine avevano radici nel cielo, come ci può far piacere credere quando la nostra vita non ci piace e ci sembra di procedere quasi strisciando.
L’esodo è sospensione orizzontale tra terra e terra o verticale tra terra e cielo verso cui si spera di ritornare, piantandovi le radici. E’ una palingenesi: antica rinascita, ritorno al tempo mitico, inizio di un nuovo ciclo. Ormai, gli antenati non ci trattengono più nella palude del già fatto ma ci aspetta l’incrocio dei venti per iniziare una nuova vita.
L’esodo è morte e rinascita rituale, la comunità celebra una transizione condivisa prima della diaspora individuale.
Il passaggio dall’epico biblico dell’esodo al lirico soggettivo della madama Butterfly sembra arduo ma è una dichiarazione di poetica che si compendia nella frase: “le cose grandi finiscono, sono quelle piccole che durano”. C’è qui anche la metafora del teatro che cerca di contenere nel suo piccolo l’oceano del reale, illuminandolo, arrivando addirittura a trasformare la realtà caotica, sfuggente ed effimera delle nostre vite.
