EXAUDI
#foodistribution VI

debutto assoluto 14, 15 settembre 2023 al campo Bipiani di Ponticelli, Napoli
per la VI edizione di #foodistribution
un progetto site-specific di MANOVALANZA a cura di Davide Scognamiglio e Daniele Ciprì
referente scientifico Rosario Sommella
Regia Adriana Follieri
Con le attrici e gli attori abitanti dei Bipiani di Ponticelli Jessica Yaoua Atta, Carmela Barone, Immacolata Bisaccia, Pasquale Di Matola, Sire Camara, Xhesika Kolici, Klea Matodashaj,Dao Lacina, Miriam Lanzini, Alvi Llupi,Carmela Marchionne, Elseda Nikolli, Gaetano Ruggiero, Pasquale Ruggiero, Salvatore Tarantino, Gioia Antonia Terrano, Emanuela Felicia Tushi, Gabriella Tushi, Antonio Varriale, Monica Vezza, Jasmir Vezza
e con Paola Maria Cacace, Francesca Capasso, Veronica D’Elia, Rino Rivetti, Antonio Testa
e con la partecipazione del soprano Flavia Scognamiglio
Disegno luci Davide Scognamiglio
Spazio scenico Emanuele Perelli
Sound designer Stefano Cammarota
Consulenza musicale Guido Barbieri
Costumi Carmela Barone
Collaborazione alle luci e responsabile tecnico Sebastiano Cautiero
Assistenti alla regia e drammaturgia Paola Maria Cacace, Francesca Capasso, Veronica D’Elia, Xhesika Kolici, Emanuele Perelli,Gaetano Ruggiero, Antonio Testa
Assistenti di scena Serena Padula, Giulio Pastore
Collaborazione artistica Mauro Calise, Lucia Ciruzzi, Mariachiara Damiano, Francesco Esposito, Francesca Diletta Iavarone, Carla Pastore
Assistenti scenografia e attrezzeria Alessia Di Pace, Raffaele Romano
Assistenti costumiFederica Di Gianni, Brunella Paolillo
Acconciature Anna Benedyk
Assistenti fonici Silvio Parente, Dario Savoia
Assistenti volontari Masterclass sulla luce Chiara Arturo, Marzia Bertelli, Lorenzo Esposito, Pedro Fiascunari, Nadia Filippi, Antonio Lamberti, Federica Mazzaro, Davide Orfeo,Kristel Pisani Massamormile, Emanuela Rescigno, Davide Salvati, Carolina Scarpetta, Gianluigi Signoriello
Osservatorio critico Valentina Vittoria Mancini, Carlo Martello, Valentina Martiniello, Serena Padula, Massimo Renzetti, Sonia Totaro
Direttore di sala Mariano Parascandolo
Direzione di palcoscenico Raffaella Pennone, Daniele Oliva
Organizzazione Velia Basso
Organizzazione esecutiva e logistica Benedetta Parenti, Laura Popescu
Location manager Xhesika Kolici
Foto Tommaso Vitiello
Video Pietro Di Francesco
Fornitura audio e video DM Service di Daniele Piscicelli
Comunicazione social Annabella Langella
Ufficio Stampa Rossella Gibellini – Pepite.com
Amministrazione Pronos
Produzione MANOVALANZA
Con il sostegno del MiC
Con il patrocinio del Comune di Napoli
In co-produzione con la Fondazione Pietà dei Turchini
In co-produzione con Coop4Art
In collaborazione con Arci Movie, ACABA Accademia di Belle Arti di Napoli, IUO Istituto Universitario Orientale di Napoli, Niutopia
Sponsor Mainsolution
Media partner Teatro e Critica, Sokan Communication
Si ringraziano: Fulvio Ambrosio, Marino Amodio, Tiziana Aresu, Salvatore Di Matola, Mauro Calise, Silvia Cioni, Daniele Ciprì, Arli Kolici, Daniele D’Ari, Emanuele Di Cesare, Luigi Ferrigno, Marco Follieri, Giuseppe Lanci, Orient Llupi, Raniero Madonna, Connie Maisto, Alessandro Mascia, Gigi Mete, Simone Nebbia, Maria Paolillo, Domenico Polidoro, Salvatore Scognamiglio, Rosario Sommella, Gianmaria Tosatti, Rosa Velotti, Garden la Fiorita di Antonio Maisto, Cento2 Rent & Services, Art&Craft di Eugenio Picardi, e tutte le persone che abitano i Bipiani.

EXAUDI è il titolo beneaugurante che parte dal desiderio degli abitanti dei Bipiani di avere una casa in muratura, una casa vera le cui particelle aeree e sonore possano finalmente smetterla di penetrare fin dentro i polmoni, fin dentro l’anima. Questo desiderio che chiede come una preghiera di essere esaudito è l’inizio della nostra drammaturgia. Alle spalle del pubblico, di fronte alle attrici e agli attori, si estende l’area che ospiterà le nuove case; andiamo in quella direzione.
Lo spazio scenico è uno spazio urbano: siamo nel campo detto Bipiani, a Ponticelli, nella periferia est di Napoli. Precisamente lo spettacolo si sviluppa nell’interstizio tra due blocchi di containers di colore blu avio, tonalità compresa tra terra e cielo, sul retro delle abitazioni provvisorie in cui vivono in rapporto di vicinato famiglie di albanesi, senegalesi, napoletani; le loro finestre con le veneziane mosse dal vento affacciano sul nostro palcoscenico, che si estende in lunghezza per oltre trenta metri, con le due uniche quinte naturali, varchi per entrate e uscite di scena, poste in fondo, e protette da un basso muretto con un varco centrale. Il fondale naturale, costituito e incorniciato anch’esso dalle case, ha porte e finestre delicatamente protette da tende bianche. Il pavimento è irregolare e lascia intravedere fessure, tracce, buche, al cui interno le piante prendono spazio. Un tubo dell’acqua rotto le irriga. In lontananza altre case, altri tetti, vetrate, luci che si accendono a sera, un ventilatore che gira. In alto il cielo.
Il luogo parla, non c’è che da scrivere sotto dettatura e dal reale edificare il surreale: una letteratura scenica fantastica e poetica che nulla abbia a che vedere con la biografia, che sia piuttosto un trampolino per sperimentare altre altezze e altre profondità, insieme alla comunità degli abitanti che sono anche autori, attori e attrici dello spettacolo: sono molte le mani che firmano questo lavoro.
La drammaturgia si divide in tre capitoli concepiti come stanze o quadri compiuti e indipendenti, che sviluppano scenicamente i temi e le domande principali della nostra ricerca artistica condivisa; la fruizione consecutiva dei tre capitoli lascia al pubblico lo spazio di collegamento e sintesi.
CAPITOLO PRIMO. QUANTI ANTENATI HANNO LE NUOVE CASE?
Le case, temporanee come noi che le abitiamo, ci hanno assorbiti. Ora ne siamo parte. Non riconosciamo più la nostra faccia dalle pareti: le rughe sono come carta da parati, segni di casa appiccicati addosso. Il luogo come lo vediamo adesso è il risultato di questa stratificazione. Quello che non poteva essere smaltito è rimasto a fare da base a ciò che è arrivato dopo. Gli antenati sono ovunque, qui è pieno di genius loci. Ma cinque pareti su sei sono di Eternit. Una sola è salva. Vi poggio i piedi e guardo il cielo: un pavimento che è abisso di stelle. Questo imponente mausoleo per i morti, dedicato ai vivi, è il nostro teatro.
CAPITOLO SECONDO. DIASPORA
Probabilmente l’andare non sarà per tutti. Forse l’attesa porterà a una separazione. Uomini, donne, bambini abitano facendo e disfacendo la vita. Ogni gesto è reiterato all’infinito. Ogni azione si arrovella su sé stessa senza mai sbocciare. Gli oggetti sono eloquenti, e dimostrano l’umano attaccamento alle cose. Le cose e le persone si confondono: la funzione reifica i corpi che sembrano scomparire attraverso l’azione stessa; corpi usati dall’oggetto che usano, inglobati da quella funzione fino a diventare essi stessi oggetto, non fosse per la vettoriale tensione che, una volta provocato il disequilibrio nello scollamento dall’oggetto-protesi, spinge a cercare nuovamente contatto e relazione umana. C’è un segreto sotto il pavimento e le persone hanno perso il centro, smarrita la mappa; il loro incedere cerca sostegno. Talvolta in un punto d’appoggio si trova un altro sbilanciamento, ed ecco che nasce la danza, ecco l’abbraccio per non precipitare.
CAPITOLO TERZO. ESODO
Siamo come l’umanità dipinta da Guttuso ne ‘L’occupazione delle terre incolte di Sicilia’: andiamo verso ciò che sta per principiare. Il cambiamento è figlio di lunghissima attesa. Il cambiamento porta strascichi e accumula macerie, ma è dietro l’angolo, posso raggiungerlo a piedi. La distanza tra la speranza e la grazia è uguale a zero. Gli scafi che ci hanno portati qui, le navi che hanno portato via i volti amati, le navi che ce li riporteranno indietro, sono tutt’intorno come una giungla. L’acqua si sente scorrere nelle vene e nelle tubature, le piante non smettono di nascere e di crescere.
Un bel dì vedremo…
La dignità non cede, a costo della morte come esercizio e pratica d’amore. È perpetuo e non definitivo questo andare dall’altra parte, che ci sia o meno la fine del mondo, tanto il mondo si rifà, a due a due, in punta di piedi, e andare è nascere.








